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In volo tra campagna e città

A cura di R.Ugolini


PRESENTAZIONE

La primavera di questo anno 2000 ha visto il ritorno di un minor numero di rondini e tra i vari motivi, quelli principali sono la distruzione dell'habitat e la predazione da parte delle popolazioni che abitano i luoghi dove questi uccelli trascorrono l'inverno, a sud del deserto del Sahara.
Ciò è comprensibile per chi vive al limite della sopravvivenza, ma il problema è molto grave se si pensa che così facendo verrà un giorno in cui le rondini scomparianno.
Non voglio pensare a un domani senza il piacere di ammirare questi piccoli uccelli migratori che sono tanto utili per l'ambiente come alleati degli agricoltori.
Per risolvere il problema il Presidente della LIPU ha annunciato una raccolta di fondi da destinare al Progetto Rondini Nigeria: si tratta di far conoscere alle popolazioni africane che si nutrono anche di rondini, altre fonti di cibo, di aiutarli nello sviluppo dell'agricoltura e dell'allevamento per migliorare la qualità della loro vita; inoltre renderli consapevoli del valore della natura e della conservazione dell'habitat.
Mi auguro che questo progetto possa essere realizzato nel minor tempo possibile ed intanto voi bambini leggetevi questa breve storia affiancata da cenni sulle nostre tradizioni contadine.
Da sempre l'uomo che vive a contatto con la natura si abitua a conoscerla più approfonditamente, ad interpretarla e a cogliere quei suggerimenti, utili nella vita quotidiana, che l'uomo moderno ha invece dimenticato, o forse mai conosciuto perché "non ha tempo"...
Avvicinatevi dunque con un pizzico di curiosità, fate vostre le nostre tradizioni ed imparate ad osservare, per conoscere ed amare, tutto ciò che vi circonda, a partire dal piccolo fiore della silene bianca.


Di ritorno dall'Africa dove aveva passato l'inverno, una rondine andava alla ricerca del proprio vecchio nido, nella stalla dove vivevano otto bellissime mucche. Una brutta sorpresa però, l'attendeva. La stalla era piena di attrezzi da lavoro per i campi e le mucche non c'erano più. Fece parecchi giri intorno alla piccola costruzione, ma la porta d'ingresso era chiusa e lei poteva vedere il suo nido, ancora intatto, attraverso il vetro dell'unica finestra.
Ormai stanca, decise dì cercare altrove un posto per farsene uno nuovo. Si diresse verso un 'altra fattoria e volò in direzione della porta d'ingresso della stalla. La porta era chiusa, guardò attraverso i vetri della finestra e vide che anche qui, al posto delle mucche, c'era dell'altro: una grande macchina station wagon nuova fiammante. Anche l'aspetto interno era cambiato: era stato fatto il pavimento e dipinti i muri: non era più una stalla ma era diventata un garage. La delusione della rondine era grande. Cominciò ad essere molto preoccupata e si accorse anche di avere fame. Fece una virata dirigendosi verso i campi coltivati a grano con il becco spalancato per catturare gli insetti, di insetti nemmeno l'ombra. Quella mattina, infatti, era passato il contadino con una gran macchina che spruzzava veleno a "tutto gas"e li aveva uccisi tutti.
Allora la rondine, triste e stanca, volò verso la città. Qui si fermò alla prima casa, vicino ad un parco dove c'era un laghetto. Questa casa aveva un bel giardino con tanti fiorì e, di conseguenza, anche insetti, così la rondine potè mangiare. Ma ormai era sera e bisognava trovare un posto per fare il nido. Esplorò la zona circostante e vide che c'erano due vecchie case abbandonate in fondo alla strada. "Qui farò il mio nido", pensò, e volò all'interno attraverso una finestra semiaperta. Finalmente aveva trovato il posto ideale: un vecchio trave che reggeva l'intelaiatura del tetto, era proprio quello che ci voleva! Lavorò per due settimane, freneticamente, trasportando fango, rametti, pagliuzze, erba e piume: il fango le servì per cementare questi materiali, con i quali tappezzò la superficie interna del nido. Passarono i giorni e arrivò il mese di aprile.

21 marzo: è il primo giorno di primavera e si narra che i contadini usavano guardare il cielo per scorgere le rondini. Se le vedevano, si rotolavano per terra "credendo così di sfuggire per tutto l'anno ai reumatismi".

Conosci quest'erba? Cresce spontanea nei prati, ai bordi delle strade e dei fossi, il suo seme è cibo per i topini di campagna, si chiama:

Nella tradizione romagnola, il 25 marzo, festa della Madonna dell'Annunciazione, era una giornata particolare per i garzoni, ai quali venivano rinnovati i contratti annuali di lavoro con i padroni. I garzoni lavoratori della campagna, grazie a questo contratto, godevano del diritto di vitto, alloggio, pulizia dei propri indumenti e naturalmente di una paga che veniva loro liquidata annualmente allo scadere del contratto. Era dunque un giorno molto importante per loro anche perché potevano cambiare padrone.

Int'è dè dla Madona di garzùn
dal viol no còjan piò
parchè a'l perd tot al vartò
Dalla Madonna dei garzoni
le viole non raccogliere più
perché perdono tutto il profumo


Ogni tanto sentiva la nostalgia della campagna, degli spazi aperti dove poteva sollevarsi in volo molto in alto nel cielo senza dover evitare i muri dei palazzi e delle case della città. Qui incontrava i suoi simili che erano riusciti a trovare uno spazio adatto per vivere. C'era il cuculo che cantava costantemente con il suo "cuccù".

C'era l'upupa che aveva fatto il nido nel cavo dì un vecchio albero e tra poco, nel mese di maggio, avrebbe deposto le uova. Anche lei era una migratrice ritornata dall'Africa ed aveva un curioso modo di nutrirsi: traeva gli scarabei, le larve, gli insetti dalla terra gettandoli per aria, e poi li inghiottiva stando con il becco aperto all'insù. La nostra amica rondine era solita, quando volava basso per mangiare insetti, avvicinarsi sempre ad un filare di gelsi che ancora, fortunatamente, non erano stati abbattuti. Lì, veramente, c'era molto cibo!

Anche il cuculo è un uccello migratore che ritorna nelle nostre zone proprio ai primi di aprile, anzi un proverbio lo ricorda così:

I do o i tri d'abril
e' cocc l'ha da vnì.
J'òt, s'un'è vnu,
o ch'l'è mort o ch'l'è còt
Il due o ìl tre di aprile
il cuculo deve venire.
Se l'otto non è arrivato,
o che è morto o che è cotto.

Si riteneva anche che il cuculo avesse l'età di Noè forse perché la sua carne è molto dura, se mangiata.

E una piantina spontanea delle nostre campagne ma cresce anche nei luoghi incolti; con le sue foglie si può fare una buona frittata oppure si possono lessare come gli spinaci; si chiama:

La pianta del gelso era chiamata "è mor" perché produce frutti bianchi o neri, simili alle more di rovo, dolcissimi. Era coltivata perché, oltre che limitare i confini delle proprietà dei contadini, con le sue foglie, che la particolare potatura della pianta rendeva molto grandi, si nutrivano i bachi che producevano la seta: questi erano chiamati in dialetto "bigat, bighet o cavalir". Era compito delle donne, nelle famiglie contadine, accudire i bachi, gli uomini, invece, talvolta, raccoglievano le foglie del gelso. Conosci un proverbio sul mese di Aprile? Scrivilo qui sotto:



È un fiore spontaneo delle nostre campagne, fiorisce ad aprile e si chiama:

Anche una fila di formiche percorreva avanti e indietro la corteccia del tronco del gelso fino ai primi rami dove si trovavano delle cocciniglie; avevano tutte un gran daffare per raccogliere le sostanze dolciastre che producevano le cocciniglie e che servivano loro a nutrire le numerose larve che ormai stavano schiudendosi.

Sempre nella tradizione contadina, le formiche sono ritenute dannose perché erodono il tronco, i germogli, la frutta ed i semi delle piante, ma, in particolar modo, perché proteggono e diffondono gli afidi e le cocciniglie che emettono sostanze zuccherine di cui le formiche sono ghiotte. I contadini al mattino presto del 1' di maggio, raccoglievano rametti di pioppo, biancospino, olmo, gelso e di tanti fiori diversi facendone poi dei mazzi che appendevano alle finestre e persino sul tetto. Si assicuravano così l'abbondanza del raccolto ed impedivano l'ingresso, nella loro casa, delle formiche. Più precisamente credevano che avesse questo potere il ramo del pioppo perché la croce dove morì Gesù Cristo era stata costruita con questo tipo di legno.

Una volta c'erano molte siepi formate da questa pianta che è molto importante per la vita animale: le sue foglie sono nutrimento per i bruchi della farfalla Podalirio, della Zigena e di altre farfalle; il nettare dei suoi fiori è ricercato dai coleotteri cerambici, dai ditteri e da numerosi apidi selvatici, oltre che dalle farfalle; le bacche, rosse, sono mangiate da topi, uccelli e lepri; all'interno di queste siepi trovano rifugio e allevano i piccoli, numerosi uccellini. Ricerca per quali altri usi è utile questa pianta che si chiama:

Cresce nei terreni incolti e ai margini dei campi; la capsula che contiene il seme, quando è giunta a maturazione, scoppia ed i semi vengono espulsi molto lontano.
E utilizzato in erboristeria, si chiama:

Intanto fece amicizia con un rondone che aveva il nido proprio sotto il cornicione della finestra nella casa che ospitava il suo nido. In questa casa, disabitata dagli uomini, vivevano altre specie di animali e quando la rondine che aveva già deposto quattro uova, covava, a volte si dimenticava che adesso viveva in città, e non più in campagna. Tra i mattoni rotti dei muri correvano lucertole che andavano ad esporsi al sole; in una cavità aveva nidificato una famiglia di passeri e sotto le tegole sconnesse del tetto, avevano trovato rifugio una civetta ed un codirosso. I pipistrelli pendevano a testa in giù dal soffitto dentro la casa e la rondine non li incontrava mai, date le loro abitudini notturne, però sentiva il loro felpato battito d'ali quando, all'imbrunire, partivano alla ricerca di cibo. In questo mese, tutti gli animali erano intenti a provvedere alla riproduzione della loro specie. Persìno i tarli, che avevano rosicchiato una grossa trave, sì facevano sentire ritmicamente durante la giornata.

In alcune zone della Romagna, la tradizione vuole che "l'orologio della morte" preannunci una disgrazia. Ma che cos'è questo "orologio della morte"? Si credeva che la Madonna o San Pasquale o San Vitale, lasciassero un orologio in una cassapanca o dentro a un armadio e questo scandiva il tempo che mancava all'ora della disgrazia. In dialetto si dice

l'urloz dla Madona o d'San Pasquèl o d'San Vidél

In realtà era proprio il segnale della presenza dei tarli del legno: infatti in questo periodo, epoca della riproduzione, battono la fronte ed il torace sulle pareti delle gallerie, producendo il tipico rumore. E' proprio il rumore, il segnale per il maschio e la femmina, che indica la loro posizione dentro il mobile e ciò permette loro di dirigersi l'uno incontro all'altra.

È un piccolo fiore di un'erba che cresce nei campi, nei terreni incolti, sui detriti, si chiama:

Cresce nei prati e nei campi, il fiore si chiude a mezzogiorno o con il tempo nebbioso, si chiama:

Ormai maggio finiva e la rondine sentiva la nostalgia dei campi di grano, Si diresse una mattina verso la campagna e vide le spighe quasi pronte di un bel colore dorato. Quante volte aveva mangiato sui campi di grano! Erano ricchi di insetti! Si posò sui fili della luce insieme ad altre rondini per riposarsi un po'. Intanto la vita del campo di grano pullulava: c'era la mantide religiosa, immobile, pronta a tuffarsi sulla preda, c'erano i grilli che producevano il loro caratteristico suono sfregandosi le ali una contro l'altra, le cavallette che saltavano di spiga in spiga, c'erano cavolaie, macaoni che svolazzavano lungo il fossato ricoperto da numerosi fiori ed erbe spontanee. Spuntava il gigaro nel suo elegante fiore bianco, il botton d'oro dal caldo ed intenso colore giallo amante delle zone umide; il lamio rosso, più piccolino; l'equiseto; il piccolo fiore bianco della silene vulgaris detto anche "bubbolino", mentre sfioriva il favagello appartenente alla famiglia dei ranuncoli e al margine dei campi spiccavano rosse macchie di papaveri.

Conosci un gioco che si faceva al tempo dei tuoi bisnonni con il bocciolo ancora chiuso del papavero? Se non lo sai, chiedi informazioni e trascrivile qui sotto:





Cresce nei terreni coltivati e sulle macerie; le sue foglie, prima che cresca il fiore, sono utilizzate per preparare i "cassoni o cascioni", tipico piatto romagnolo, è il:

Questo piccolo fiore si trova nei terreni coltivati e ai margini dei campi, ma purtroppo sta scomparendo. Ha proprietà terapeutiche simili a quelle della digitale. Il nome gli deriva, secondo la mitologia greca, da Adone che fu ucciso durante una partita di caccia, da un cinghiale; nel punto in cui caddero le gocce di sangue, spuntò il fiore, che si chiama:


In questo periodo, negli anni passati, alla sera era tutto un brillare di lucciole. Chissà se anche quest'anno sarebbe avvenuta la stessa cosa!

Si avvicinava la fine di giugno e in campagna iniziavano i lavori per la raccolta del grano: le mietitrebbie lavoravano senza interruzione e la rondine, dall'alto del cielo, poteva osservare come cambiava l'aspetto dei campi. Il giallo ondeggiante delle spighe era stato sostituito da enormi "cilindri" di fieno già pronto per la conservazione invernale, mentre tra i minuscoli resti dei gambi spezzati, spuntavano chiazze marroni di terra. C'erano però molti insetti che invadevano l'aria e la rondine faceva ottimi pranzi! Intanto i suoi piccoli crescevano e lei ed il suo compagno, instancabilmente, andavano avanti e indietro dal nido portando loro il cibo.

Conosci un proverbio sulle lucciole? Scrivilo qui:





"al lòzli"

i contadini si servivano anche di questo fenomeno per fare previsioni sul raccolto: infatti se c'erano molte lucciole il raccolto sarebbe stato abbondante, al contrario, se erano poche, sarebbe stato scarso. Forse in tutto questo c'è una spiegazione: siccome le larve delle lucciole sono ghiotte di vermi, ma soprattutto di chiocciole, quando sono molto numerose, per nutrirsi, divorano tantissime chiocciole che sono proprio loro a portare danni alle colture agricole e ai semi germogliati.

Vive negli incolti e nei campi coltivati, ha proprietà diuretiche ed emollienti; quando la pianta è giovane si può mangiare in insalata insieme ad altre erbe; con il fiore e le foglie si può preparare il ripieno per i ravioli, si chiama:

Cresce nei campi, nelle siepi, ai bordi dei fossi e nei luoghi incolti; le sue foglie sono pelose; ha fiori piccoli e bianchi che sbocciano in giugno, si chiama:

Il caldo si faceva sentire e la cicala non smetteva di diffondere il suo canto (più precisamente era il suono stridente e monotono prodotto da due piccole membrane ai lati dell'addome che ti maschio faceva vibrare) mentre, nascosta sui rami degli alberi, succhiava la linfa dalla corteccia. Tra i fili d'erba, veloce e agile, guizzava il biacco alla ricerca di cibo: qualche grillo o lucertola oppure qualche topino sprovveduto o, lungo il bordo dei fossi, qualche rana intenta a catturare insetti.

Adesso i suoi piccoli erano pronti per il volo e facevano i primi timidi tentativi. Vicino al loro nido passavano alcuni fili della luce, tra gli alberi, e sui fili si posavano i rondinini emettendo i loro gridi di entusiasmo. Sull'acqua fresca del laghetto, le folaghe e i germani nuotavano beati, immergendo talvolta la testa all'ingiù per cibarsi. Anche intorno al laghetto c'erano molti insetti e non era diffìcile per i piccoli rondinini inesperti conquistare le prime prede. Presto mamma rondine li avrebbe portati a conoscere i grandi spazi della campagna........... Faceva sempre più caldo, ciò nonostante era bellissimo volare instancabilmente!

Nella notte di S. Giovanni, la tradizione vuole che le donne contadine stendessero i loro panni sui prati, all'aperto, affinchè si bagnassero di rugiada: si credeva infatti che la rugiada di S. Giovanni tenesse lontane le tarme: questo però valeva se i tessuti erano stati iniziati in giornate il cui nome non comprende la "r" (cioè non di martedì, mercoledì, venerdì) perché la "r" è contenuta nella parola tarme.

La guaza ad San Zvan
la guaréss tout i malan
La rugiada di San Giovanni
guarisce ogni malanno

Anche il 29 giugno (festa di San Pietro e Paolo), è una ricorrenza festiva che veniva molto considerata: infatti S. Pietro non avrebbe aperto la porta del paradiso a coloro i quali non avessero rispettato il suo giorno, anzi, gli avrebbe sbattuto le chiavi d'oro sulla faccia, cacciandoli via : "u i sbatt al ciév int la fazza".

Cresce nei campi, nei luoghi incolti e sui ruderi; il fiore ha un dolcissimo profumo, si chiama:

La zghèla la va 's la pianta
la va a la veta e pu la canta
la cicala va sulla pianta
va alla vetta e poi canta

Un pomeriggio, mentre erano in volo, grossi nubi nere apparvero all'improvviso e mamma rondine che aveva portato i rondinini lontano dal nido si affrettò verso "casa". Fecero appena in tempo ad arrivare che venne giù un acquazzone tremendo con tuoni e lampi. Tutti gli animali corsero al riparo e non si udiva più il cinguettio degli uccellini, né il canto della cicala o il cri-cri dei grilli. Finito di piovere, l'acqua aveva creato numerose pozzanghere, mentre in alto, nel cielo, splendeva l'arcobaleno. Com'era piacevole immergersi nuovamente nell'aria tersa dopo il temporale! Così la famiglia delle rondini riprese il volo verso la campagna. Ai bordi dei fossi, le lumache e le chiocciole erano spuntate tra l'erba, mentre spiccavano nei campi grossi e lucenti cocomeri verde scuro.

Siamo già al 22 luglio, giorno in cui cambia il segno zodiacale e si entra nel "Leone". Fino al 22 agosto la tradizione contadina vuole che si considerasse questo periodo del "solleone" come un periodo in cui il sole non portava bene né agli uomini, né agli animali; e se gli uomini venivano colpiti dai suoi raggi, sarebbero diventati matti (d' ventè mat) o avrebbero potuto morire mentre gli animali diventavano idrofobi! Anche i ragni e maggiormente gli scorpioni, aumentavano il loro potere venefico: si credeva infatti che le ferite prodotte da un loro pizzico, non si sarebbero rimarginate, anzi avrebbero potuto portare alla morte. A dispetto di questa facoltà se ne attribuiva un'altra contraria e cioè che avessero anche proprietà di guarigione. Infatti in questo periodo si catturava uno scorpione e lo si immergeva in un recipiente pieno di olio di oliva che poi veniva conservato. Con questo olio poi, si medicavano ferite, pizzichi di insetti, piaghe e morsi di animali velenosi. Tutt'ora si crede, come una volta, che sempre in questo periodo, le vespe, le api e altri insetti, avessero il pungiglione molto più velenoso.

Quànd che e' veti e' sol aglión,
guérdat dal vespar
e dai graravlòn
Quando viene il solleone
guardati dalle vespe
e dai calabroni

Sempre nel periodo del solleone, non si tagliavano piante perché il legname non si sarebbe mantenuto buono.

Per e' soleon e' legn
l'è cume e' gambon
Per il solleone il legno
è come il gambone

Per gambone s'intende il gambo vuoto del granoturco che non ha consistenza.

Zzil verd, mond ross,
ànma nigra
S't'a l'indvén
a t'dag una pigra.

Hai indovinato cos'è?
Se non lo sai leggi il seguente detto:
S'l'inguria us fa tre us:
us magna,
us bev e
us lèva e' mus.
Cielo verde, mondo rosso,
anima nera.
Se lo indovini
ti do una pecora

Con l'anguria si fanno 3 usi:
si mangia,
si beve e
ci si lava la faccia.

Durante il mese di luglio le rondini si riunivano nel canneto al margine del laghetto per trascorrere la notte in compagnia di storni e cutrettole. Intanto i giorni caldi del solleone trascorrevano in fretta ed era già il 10 agosto giorno di S. Lorenzo. Ormai le giornate si accorciavano e le rondini sarebbero partite tra non molto. Nelle vicinanze del laghetto i biacchi prendevano l'ultimo sole caldo e facevano lauti pranzi per prepararsi al lungo letargo invernale. Si sarebbero addormentati, infatti, sotto le macerie che circondavano la vecchia casa abbandonata. Arrivò anche la fine del mese di agosto e il termine della lunga estate.

Mamma riccio con i suoi piccoli girovagava nei campi alla ricerca di chiocciole, frutti caduti dagli alberi, vermi, perché dovevano nutrirsi abbondantemente in vista del prossimo letargo invernale. Le loro uscite erano sempre sul far della sera, quando anche la civetta si posava sui fili della luce in attesa di avvistare qualche topolino per cena. Erano serate bellissime illuminate dalla luna.


Per tradizione si pensava che l'acqua del mare, nel giorno di S. Lorenzo, possedesse la "virtù di guarire mali di ogni specie" e per questo c'era chi consigliava di bagnarsi per sette volte almeno. C'era anche chi sosteneva invece, che bastava bagnarsi una volta sola perché tanto valeva per sette!

E' bagn e' dè' d'Sa' Lurénz
e' va par set.
Il bagno nel giorno di S. Lorenzo
vale per sette.

In questo giorno i contadini si dirigevano verso il mare con i loro carri trainati da cavalli, buoi o da somari: anche le loro bestie venivano bagnate nell'acqua considerata miracolosa.

Se pioveva in questo periodo e più precisamente l'ultimo giorno, si potevano trarre le previsioni metereologiche per l'inverno successivo: infatti se il sole tramontava tra le nubi (e c'è un detto che lo ricorda e' è va zo int e' sach) si prevedeva un inverno molto freddo e burrascoso, con tanta neve; se invece il tramonto era normale nel cielo limpido, si sarebbe avuto un inverno mite, senza neve.

L'oultum tramont
de' sòul d'agost,
tot l'inverán e' met a pòst
L'ultimo tramonto
del sole d'agosto
tutto l'inverno mette a posto


La luna del mese di settembre era tenuta molto in considerazione dai contadini delle nostre campagne: quando la luna era crescente, 1' quarto, era assolutamente vietato potare, seminare, tagliare le piante, rimuovere il letame, travasare il vino o insaccare il maiale. Per quanto riguarda la potatura della vite, ad esempio, avevano ragione perché il tralcio reciso con luna crescente "piange" più abbondantemente sotto l'effetto dell'attrazione lunare che richiama il succo linfatico verso l'apice. In questo caso, a seguito dell'eccessiva fuoriuscita della linfa, la pianta si indebolisce e ritarda il processo di cicatrizzazione diventando anche preda di afidi. Comunque solevano chiamare la luna crescente "LONA CATIVA" LUNA CATTIVA e quella calante invece, "LONA BONA" LUNA BUONA. Per riconoscere poi se la luna era crescente o calante si usava il seguente detto:
Gobba a levante
Luna calante
Gobba a ponente
Luna crescente.
Se conosci qualche altro detto o proverbio sulla luna, scrivilo qui sotto:





I contadini in campagna lavoravano ancora instancabilmente, arando i campi per la prossima semina del grano. L'aria era più fresca e si preparavano per la vendemmia.

Alcune rondini erano già partite per i paesi africani a sud del deserto del Sahara e anche le protagoniste di questa storia erano pronte per andarsene insieme ad altre compagne. Tutte vicine, posate sui fili della luce, il 18 settembre spiccarono il volo per un lungo, lungo viaggio verso terre lontanissime. Tra poco sarebbero arrivati i primi pettirossi!

Non c'era un giorno stabilito per cominciare la vendemmia, però non si iniziava se tirava "e' garben" (il garbino) così chiamato il vento caldo di libeccio, perché altrimenti il vino inacidiva; nemmeno nei giorni 21, 22, 23 settembre che sono l'inizio dell'autunno, si cominciava a vendemmiare, "perché dicono che altrimenti il vino non rischiara".

Se trovi una vecchia fotografìa che illustri la vita di campagna, incollala qui sotto facendo una piccola descrizione.

Ricordati, ogni tanto, di guardare in su nel cielo per osservare il volo delle rondini e ascoltare il loro garrire: imparerai così a distinguere rondini, rondoni e balestrucci.

INDICE DELLE FOTOGRAFIE

Fotografìa di copertina: nido di rondini
Fotografìa n. 1 = panorama di Rimini visto dalla campagna
Fotografìa n. 2 = bombo su fiore di carciofo
Fotografìa n. 3 = gladioli dei campi ai piedi di un ulivo
Fotografìa n. 4 = cardo mariano
Fotografìa n. 5 = orzo murino
Fotografìa n. 6 = borraggine
Fotografìa n. 7 = gladiolo dei campi
Fotografìa n. 8 = biancospino
Fotografia n. 9 = cocomero asinino
Fotografìa n. 10 = silene bianca
Fotografìa n. 11 = barba di becco
Fotografìa n. 12 = papavero
Fotografìa n. 13 = adonide scarlatto
Fotografìa n. 14 = cerinte
Fotografìa n. 15 = attaccamani
Fotografìa n. 16 = reseda

BIBLIOGRAFIA

Agensta storica 1999
A cura di M. Matteini Palmerini
Pietroneno Capitani Editore

Tutte le fotografìe, salvo quella di copertina, sono dell'autrice.
Disegni: per la parte narrativa, quelli di pag. 8 sono di Andrea Fattori, gli altri sono dell'autrice. - RIMINI, 20 settembre 2000.